LA GRANDE FENICE: L’ITALIA (EURO 2021)
È l’11 Luglio 2021, siamo allo storico Wembley Stadium di Londra. Sono le 23:40 e da oltre
due ore si sta disputando la finale degli Europei di calcio tra l’Italia di Roberto Mancini e
l’Inghilterra di Gareth Southgate. Le due squadre devono affrontare l’ultimo ostacolo per
agguantare la agognata vittoria dopo il risultato di 1 a 1 che si è registrato dopo i tempi
regolamentari e i successivi tempi supplementari. Si va ai calci di rigore (seconda volta
consecutiva per gli “Azzurri” dopo la precedente semifinale contro la Spagna di Luis
Enrique)!
Dopo i tentativi falliti di Marcus Rashford e Jordan Sancho per la squadra dei “Tre Leoni “(e
la realizzazione da parte di Federico Bernardeschi e l’errore di Jorginho a parti inverse)
l’Italia è in momentaneo vantaggio ed è ad un passo dal traguardo.
Dagli 11 metri decisivi si prepara Bukayo Saka contro la saracinesca Gianluigi Donnarumma;
si sente il fischio dell’assistente di gara; l’adrenalina e la paura si insinuano nelle anime dei
due protagonisti, dei loro compagni, dei loro allenatori e dei tifosi presenti sia allo stadio sia
fuori. L’inglese si coordina e… PARATA, PARATA di Donnarumma, che si tuffa con un
balzo felino bloccando il tiro del talento dell’Arsenal. Si ode finalmente, tra la confusione
generatasi, il liberatorio e soave triplice fischio dell’arbitro Björn Kuipers che condanna una
nazione all’oblio e ne conduce un’altra verso la luce.
Il Bel Paese urla e grida di gioia, incredulo del miracolo appena compiuto: si commuove
Mister Mancini che ha portato questi ragazzi e i suoi tifosi sul tetto d’Europa; il prato verde
chiaro dello stadio si tinge del tricolore italiano colmo di passione, abbracci e liberazione e
l’entusiasmo coinvolge persino il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, dalla
tribuna, esulta energicamente e con indescrivibile felicità. Si scatena il delirio a Wembley da
parte dei modesti 6.619 tifosi italiani contro i circa 59500 inglesi che rimangono in silenzio,
accecati dalla superbia e dalla prepotenza; i nostri eroi gioiscono, festeggiano sotto la curva
orgogliosi di essere italiani e corrono tutti, persino Leonardo Spinazzola (infortunatosi
drammaticamente ai quarti di finale contro il Belgio) aiutato dai propri compagni e dalle
proprie stampelle.
È la fine… la fine dell’entusiasmo abbastanza stravagante degli Inglesi che nei giorni
precedenti avevano offeso la nostra amata patria, avevano infierito sulla nostra bandiera,
avevano la forte convinzione di essere già i vincitori e di conseguenza di riportare il calcio a
“casa” loro, ripetendo all’unisono il vano motto “Football is coming Home”. Un’ondata di
emozione travolge tutto lo stivale e 60 Milioni di italiani, dall’estremo nord all’estremo sud,
dal Mar ligure che bagna il porto di Genoa al mare Adriatico che gratifica la Puglia, dal
Mediterraneo che tocca le due isole sorelle fino alla Firenze di Dante Alighieri e all’antica
Roma di Giulio Cesare, festeggiano nelle piazze, suonano le trombette che cantano di gioia e
non di tristezza, di spensieratezza e non di paranoia. Si assapora quella libertà e quella
dolcissima ingenuità che era rimasta latente nell’animo della penisola a causa della pandemia
Covid 19 che ha messo in crisi un mondo intero, ha steso, come un maligno mostro, un velo
di pessimismo, rassegnazione e odio e lo ha costretto a vivere un anno e mezzo in una
situazione paranormale e surreale.
“IL CALCIO NON TORNA A LONDRA, TORNA A ROMA” tra la passione della gente
che colpisce pure l’individuo più razionale. Il dio del calcio non “salva la regina” perché si
schiera e conferisce una seconda vita all’Italia che rinasce dalle proprie ceneri, dalle proprie
sconfitte, dall’esclusione dai mondiali 2018 di Russia, come una gloriosa e maestosa fenice.
Questo magnifico sport è lo strumento più bello e utile per ritornare a sperare, a sorridere, a
pensare positivo dopo il difficile periodo che abbiamo passato e, nonostante sia nato proprio
in Inghilterra nel 1863, è profondamente radicato nel nostro Paese e nella nostra cultura
perché la sua essenza, il suo fascino, la sua unicità e il suo ardore sono figlie del calcio
italiano e di tutto il coinvolgimento creato dal popolo, dai bambini agli adulti fino agli
anziani. Esso è il legame che unisce tutti i popoli indipendentemente dalle diversità,
soprattutto noi italiani che, quando gioca la nostra bellissima nazionale, indossiamo la stessa
maglia azzurra e diventiamo per quei 90 minuti amici inseparabili, orgogliosi di ciò che essa
rappresenta, della bellezza della nostra ineguagliabile storia e della nostra straordinaria
singolarità a dispetto di forti separazioni e di maledetti individualismi.
Sono circa le 24:05. Capitan Giorgio Chiellini alza la coppa al cielo che si tinge di un
maestoso tricolore con il sottofondo della coinvolgenti telecronache degli appassionanti e
commuoventi Francesco Repice e Fabio Caressa che ringraziano questo sport e esultano
energicamente nelle proprie cabine di regia. I tifosi festeggiano mentre gli inglesi,
imbarazzati e delusi, fuggono come delle impaurite gazzelle da quel luogo che proprio loro
ritenevano una vera e propria fortezza. Il “piccolo animale indifeso” trionfa nella tana del
Leone, pieno di superbia e stravaganza. Davide sconfigge Golia nonostante i pronostici
sfavorevoli e la notevole svalutazione della nostra amata penisola da parte dei media e di
campioni del calibro di Rio Ferdinand e Patrick Viera.
Chiudete le valigie, andiamo a “riportare il calcio” e la coppa dove spettano per loro
intrinseca natura: l’Italia.
Finalmente possiamo dirlo. l’ITALIA…è… CAMPIONE….D’EUROPA, per la seconda
volta nella sua storia dopo il successo nel 1968 contro la ex Iugoslavia. Vince contro
l’Inghilterra dei Golden Boy in uno dei tornei più particolari della storia del calcio, con
protagonisti Leonardo Bonucci (che si lascia a dichiarazioni abbastanza scottanti) e ancora
una volta un portiere, Gianluigi Donnarumma, che con le sue manone ha difeso con grinta e
coraggio la porta italiana come avevano fatto i suoi predecessori: Gianluigi Buffon ai
mondiali 2006 e Dino Zoff agli europei 1968 e ai mondiali del 1982.
Siamo sul tetto del vecchio continente e osserviamo, con orgoglio, calore ed energia, tutto ciò
che si trova sotto di noi; gioiamo nel vedere la verdognola invidia degli Inglesi che non hanno
mai rispettato il prossimo in tutta la durata della competizione e stendiamo la bandiera
italiana come simbolo di speranza, come punto di partenza per un futuro radioso e come
segno di forza. Il Bel Paese non è inferiore a nessun altro.
Si scrive un’altra pagina nella ricca storia di questo magnifico gioco che noi amanti
chiamiamo con molta commozione Calcio Romantico.
Che sia benedetto lo sport più bello del mondo.
Ladies and gentleman the football is coming to Rome, the real home.