BULLISMO E CYBERBULLISMO: IL FUTURO DI CHI SUBISCE E DI CHI AGISCE
Introduzione
In questo articolo analizziamo i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, e rifletteremo su come esso condizioni profondamente l’approccio alla società sia della vittima, sia del bullo. In particolare, cercheremo di avere una visione chiara dell’impatto sociale e culturale di questo fenomeno con l’aiuto di uno psicologo che si occupa anche di bullismo. Il bullismo consiste in azioni aggressive e intimidatorie esercitate da un singolo bullo oppure da un gruppo di bulli, nei confronti di una singola vittima. Tali azioni vengono attuate con lo scopo di umiliare e sottomettere la stessa e possono riguardare aggressioni fisiche, molestie verbali ed altri tipi di persecuzioni. Esse, attuate nei confronti di un individuo fisicamente o caratterialmente più debole, esistono da tempo immemore, tuttavia con le nuove tecnologie e con la nascita dei social network è nata, a mio avviso, la peggior forma di bullismo, ovvero il cyberbullismo. Quest’ultimo fenomeno è la rappresentazione in Rete del bullismo e consiste nella condivisione attraverso Internet e i social network, di materiali come foto, video o commenti, destinati a danneggiare l’immagine e la reputazione della vittima. Per avere un quadro più approfondito di questo tipo di fenomeno, abbiamo il piacere di rivolgere qualche domanda al professor Alessandro Donno, psicologo e docente di religione presso il nostro Polo tecnico.
Quali sono le caratteristiche principali del bullismo e del cyberbullismo?
Il bullismo è un fenomeno che consiste nell’aggressione fisica o verbale nei confronti di un individuo più vulnerabile. Solitamente il bullo inizia ad aggredire psicologicamente la vittima attraverso parolacce e insulti, se quest’ultima subisce questo genere di aggressione senza reagire, allora il bullo potrebbe non fermarsi solo alle aggressioni verbali, ma è probabile che passi anche a quelle fisiche, inoltre questo comportamento può cominciare ad essere reiterato nel tempo. Di solito la vittima è da sola. Per quanto riguarda il cyberbullismo, esso entra nell’ordinamento giuridico italiano nel 2017 con l’articolo 71, per la tutela dei minori contro questo fenomeno. E’ più subdolo e caratterizzato dall’accanimento su una vittima che non può difendersi, attraverso la diffusione di materiale online e il ricatto di pubblicazione ( es. revenge porn).
Qual è l’impatto sulla vita sociale della vittima in entrambi i casi? Ci sono delle differenze?
Le offese fanno sentire la vittima persa ed esclusa dai propri compagni. La necessità di un adolescente è quella di sentirsi riconosciuto dai propri pari e nel momento in cui la propria reputazione viene minata, la vittima si ritira dalla vita sociale, a causa della compromissione della percezione di sé. In entrambi i casi chi subisce questo avrà difficoltà ad intrattenere rapporti sociali e bisogna intervenire immediatamente. Tuttavia mentre nel caso del bullismo classico, le aggressioni avvengono in un luogo circoscritto e ci sono altri contesti in cui la vittima magari si sente a suo agio, nel caso del cyberbullismo la possibilità di trovare un luogo sicuro è estremamente ridotta e quindi è molto più complicato riscattarsi a livello sociale. Data la scarsa possibilità di trovare una via d’uscita non è un caso che l’ideazione suicidaria sia di gran lunga maggiore nel cyberbullismo.
Che rapporto ha il bullo con gli altri?
Il bullo è molto più fragile di quel che si pensi. Egli tende a sovrastimarsi e a voler fare il leader. Per avere questa concezione di sé il bullo cerca il sostegno degli astanti, tentando di farli ridere e di convincerli a sovrastimarlo a loro volta.
Che idea ha il cyberbullo di ciò che pubblica sul web?
L’atto di cyberbullismo si basa principalmente sull’idea che ciò che si fa sul web non è reale (effetto della disinibizione) e sul fatto che è concessa l’anonimità. Il cyberbullo è decisamente più aggressivo, questo perché non prova nessuna empatia nei confronti della vittima dato che non si trova faccia a faccia con quest’ultima e che può fare del male anche quando la vittima non è collegata.
Come si comportano gli astanti davanti a questo genere di violenza?
La vera differenza tra bullismo classico e cyberbullismo sta proprio nel numero di persone che assistono alla violenza: mentre nel caso del bullismo classico il numero di astanti è limitato e controllabile, nel cyberbullismo questo numero può aumentare vertiginosamente ed in modo incontrollato. Perché davanti ad un comportamento aggressivo nessuno interviene? La risposta è in ciò che viene definito effetto astanti o apatia dello spettatore. Esso nasce dal caso di omicidio della 29enne Kitty Genovese nel 1964. La donna venne stuprata e uccisa a due passi dalla sua casa nella periferia di New York, davanti a 38 persone. L’aspetto sconvolgente di questo caso è che nessuna di queste 38 persone intervenne o chiamò i soccorsi. Questo modo di porsi dinanzi ad un evento così grave, viene in gergo definito diffusione di responsabilità, nel senso che si fa strada la convinzione che qualcun altro debba intervenire al posto nostro poiché magari ne sa di più. La diffusione è tanto maggiore quanto è alto il numero di astanti.
Come può la vittima reintegrarsi?
In entrambi i casi la vittima deve evitare di tentare di risolvere il problema da solo, è importante chiedere aiuto. Nel caso del bullismo tradizionale, bisogna aiutare la vittima a creare alleanze con chiunque possa rappresentare un supporto. Nel caso del cyberbullismo, la vittima non deve assolutamente sentirsi in colpa e bisogna immediatamente denunciare la diffusione di materiale online alle autorità competenti. E’ importante ricordare che la pubblicazione o il ricatto di pubblicazione di materiale offensivo è considerato reato e che la legge 71 contro il cyberbullismo prevede la restituzione della dignità e del diritto all’oblio.
Alla luce di ciò che abbiamo avuto modo di approfondire con il professore è giusto dunque invitare chiunque legga l’articolo ad una riflessione. Il bullismo è un fenomeno conosciuto in ogni sua forma, ormai molte cose si danno per scontate, ma non ci sono stati dei cambiamenti significativi. E’ un problema così grande, ma che si risolverebbe in fretta anche con un semplice cambiamento nel modo in cui osserviamo e percepiamo tali violenze. A volte si tende ad estraniarsi dalla vittima e a pensare che non potremmo mai trovarci nella sua stessa identica situazione, ma è esattamente il contrario. Tutti abbiamo delle debolezze e tutti potremmo trovarci davanti qualcuno che le utilizza contro di noi, e la verità è che nessuno vorrebbe mai provare la sensazione di solitudine e di disperazione derivante non solo dall’aggressività di chi si accanisce su di noi, ma soprattutto dall’indifferenza di chi ci circonda. Cerchiamo quindi di tenere tutti quanti a mente che possiamo essere vittime e bulli, e anche solo preoccuparci per qualcuno che si sente escluso da tutto ciò che lo circonda può salvargli addirittura la vita.
Le statistiche più recenti dicono che su 10 ragazzi 3 sono vittime di bullismo. Il 46% ha pensato almeno una volta al suicidio e il 32% ha deciso di mettere in atto condotte autolesive. Il 75% dopo le prepotenze dei coetanei ha sviluppato forme di depressione.
Articolo a cura di Emanuele Bordon